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.. . Associazione Italiana di Archeometria Metodologie Scientifiche per i Beni Culturali RIFLESSIONI E TRASPARENZE DIAGNOSI E CONSERVAZIONE DI OPERE E MANUFATTI VETROSI ATTI DEL CONVEGNO (RAVENNA, 24-26 FEBBRAIO 2009) a cura di: MARIANGELA VANDINI A.I.Ar. Associazione Italiana di Archeometria Metodologie scientifiche per i Beni Culturali ATTI DEL CONVEGNO “RIFLESSIONI E TRASPARENZE DIAGNOSI E CONSERVAZIONE DI OPERE E MANUFATTI VETROSI” (Ravenna, 24-26 febbraio 2009) dell’Associazione Nazionale di Archeometria A CURA DI Mariangela Vandini PÀTRON EDITORE BOLOGNA 2010 Indice Presentazione – Mariangela Vandini .......................................................p. 9 Indagini analitiche degli smalti dell’altare di Sant’Ambrogio a Milano: transizione verso una nuova tecnologia vetraria nel IX secolo – Marco Verità ..................................................................................... » 11 Glass provenance: some new approaches to an intriguing problem – Julian Henderson ................................................................................ » 25 Il vetro e le origini dell’alchimia – Marco Beretta ................................. » 49 Lucori ed opalescenze nella vetrata Liberty – Caterina Pirina ........... » 61 Cronologia di vetri protostorici veneti mediante indagini archeometriche – Ivana Angelini, Michele Cupitò, Cinzia Bettineschi, Giovanni Leonardi, Gianmario Molin ................................................... » 71 Lavorazione del vetro ad Aiano-Torraccia di Chiusi, San Gimignano (SI) – Marco Cavalieri, Giacomo Baldini, Alessandra Giumlia-Mair, Sofia Ragazzini ..................................................................................... » 87 Decorazioni in oro e argento su una coppa di vetro romana del Museo Kircheriano – Francesca Cecere, Daniela Ferro, Marina Angelini, Ida Anna Rapinesi .................................................... » 101 Bracciali in vetro rinvenuti nel quartiere Nordest di Bosra, area Bahira (Siria) – Giovanna Bucci .......................................................... » 113 Produzione vetraria a Classe nella tarda antichità – Enrico Cirelli, Susanna Tontini .................................................................................... » 125 Caratterizzazione geochimica di frammenti vitrei post-medievali rinvenuti presso il Castello di Cosenza (Calabria) – Donatella Barca, Maurizio Abate, Gino Mirocle Crisci, Domenico De Presbiteris ................ » 135 Il vetro romano di Pompei: caratterizzazione chimica e analisi del degrado – Anna Maria De Francesco, Annamaria Ciarallo, Roberta Scarpelli, Marianna Vite .......................................................... » 149 Considerazioni sul ruolo del Manganese nei vetri – Mauro Bacci ..... » 161 5 Antique glass-making technologies: glass production and characterization – Giuseppe Burrafato, Enrico Ciliberto, Anna M. Gueli, Salvatore La Delfa, Lucia Pirri, Giuseppe Stella, Sebastiano O. Troja, Agnese R. Zuccarello ............................................p. 167 Tessere vitree da mosaici del XVII secolo del Palazzo del Quirinale, Roma – Cesare Fiori, Mariangela Vandini .......................................... » 179 Indagini archeometriche sui mosaici del sacrario dei caduti di Staglieno a Genova – Dion Nole, Enrico Franceschi, Chiara Masi, Stefano Vassallo .................................................................................... » 193 Tessere in pasta vitrea della pavimentazione ad opus sectile della basilica di S. Vitale di Ravenna: metodologia e finalità di studio – Cetty Muscolino, Claudia Tedeschi, Elisa Pannunzio ......................... » 205 Analisi del degrado di tessere musive provenienti da S. Lorenzo Fuori le Mura in Roma – Federica Valentini, Alessia Diamanti, Giuseppe Palleschi, Francesca Napoleoni, Fabio Spaziani, Carlo Cremisini, Sergio Lo Mastro, Annibale Mottana, Carlo Stefano Salerno ................ » 215 Il blu di smalto in dipinti murali: il caso del Correggio nella cupola del Duomo di Parma – Danilo Bersani, Michela Berzioli, Simone Caglio, Antonella Casoli, Diego Cauzzi, Pier Paolo Lottici, Laura Medeghini, Gianluca Poldi, Paolo Zannini .................................. » 229 Tecniche spettroscopiche non distruttive per lo studio di vetri: sviluppi e potenzialità – Chiara Toccafondi, Susanna Bracci, Mauro Bacci, Costanza Cucci, Alessandro Migliori, Pier Andrea Mandò ........................ » 249 XRF portable spectrometry and ICP-AES: a comparison between non-destructive and destructive techniques for the chemical characterization of mosaic glasses – Cesare Fiori, Rocco Mazzeo, Silvia Prati, Giorgia Sciutto, Giulia Spallacci, Mariangela Vandini ...... » 257 The diagnostic analysis for the study and restoration of the mosaic fragment with an Angel from Giotto’s Navicella – Pietro Moioli, Claudio Seccaroni, Claudia Pelosi .......................................................... » 267 Protezione di vetro tramite rivestimenti duri depositati via sol-gel – Ilaria Alfieri, Paola Fabbri, Guglielmina Gnappi, Roberto Groppetti, Andrea Lorenzi, Angelo Montenero, Nicola Senin, Paolo Zurlini .......... » 279 6 Produzione vetraria a Classe nella tarda antichità ENRICO CIRELLI*, SUSANNA TONTINI* Riassunto Gli scavi degli ultimi anni a Classe hanno permesso di identificare una produzione vetraria all’interno dell’area portuale, destinata alla distribuzione all’interno della città e verso il mercato alto adriatico (Augenti et al. 2007; Cirelli 2007). L’attività produttiva è stata datata tra la metà del V e il VII secolo d.C. Le prime analisi archeometriche condotte sugli esemplari rinvenuti e sugli scarti di produzione, hanno cercato di identificare il tipo di officina e le attività connesse. Alcuni indizi di una produzione primaria, come fritte e schiumature, sono stati ricondotti a fasi sperimentali della produzione, ricondotta però verso una più probabile produzione secondaria, con importazione di pani di vetro e vetro grezzo da ateliers orientali, come nel resto del Mediterraneo. A fianco di questa attività produttiva è stata ipotizzata per l’atelier di Classe una funzione ausiliaria alla produzione di ceramiche invetriate, la cui area di provenienza non è ancora accertata, ma che la maggior parte degli studiosi ritiene localizzabile nel territorio di Ravenna. La raccolta di rottami di vetro e di altri scarti di lavorazione, sarebbe dunque, almeno in parte, funzionale all’applicazione di questi composti come rivestimento delle Invetriate di ‘tipo S. Maria in Padovetere’. Parole chiave: produzione vetraria; tarda Antichità; porto di Classe. Abstract The excavation campaigns carried out in the recent years in Classe have identified the presence of glass production within the harbour area, with distribution within the city and towards the High Adriatic market. * Dipartimento di Archeologia, Alma Mater Studiorum Università di Bologna sede di Ravenna, enricocirelli@hotmail.com 125 Production activities were dated between the second half of the 5th to the 7th century AD. The first archaeometric analyses carried out on samples retrieved and on production waste, have tried to identify the kind of workshops and connected activities. Some clues about primary production like frit and froth, have been brought back to experimental production phases, however, they have been linked to a more probable secondary production, with the import of glass ingots and raw glass materials from oriental workshops, as found in other areas of the Mediterranean. The workshop in Classe was mainly specialised in the production of drinking glasses (Ising 96) and, starting from the second half of the 6th century, chalices (Ising 111). Besides this production activity, it is likely that the workshop of Classe had an auxiliary function for glazed pottery, which provenance area has not been ascertained, but that the majority of scholars believe it to be placed in the territory of Ravenna. Thus, the collection of glass and slag would be, at least partly, for the application of these compounds to the “S. Maria Padovetere type” glazed pottery. Keywords: Glass production; Late Antiquity; port of Classe. Il contesto Nel settore sud-est dell’area portuale di Classe è stata individuata una fornace per il vetro, grazie a scavi condotti degli anni ’70 (Maioli 1991), e successivamente nel 2001 (Augenti et al. 2003). Si tratta di una piccola struttura circolare situata all’interno di un ambiente quadrangolare all’angolo di un edificio di pianta trapezoidale, diviso in vari ambienti in gran parte destinati all’immagazzinamento delle derrate alimentari. Il complesso si imposta sulla rasatura dei muri di una villa suburbana della media età romana (Maioli 1991), che presenta trasformazioni fino ad almeno il III secolo. L’edificio realizzato agli inizi del V secolo presenta una planimetria molto complessa e di difficile lettura anche in seguito ai molti incendi e alle successive ristrutturazioni cui è stato sottoposto fino all’VIII secolo, quando l’area viene frequentata anche a scopo funerario (Ferreri 2009). Nel corso della campagna di scavo 2001, che si è concentrata su un piccolo lembo di stratificazione (60 mq) scampata alle precedenti indagini, sono stati riportati alla luce molti frammenti di materiale ceramico (oltre 50000) e 1512 frammenti di reperti in vetro, riconducibili a 188 esemplari, calcolati con il sistema EVE. Questi ultimi appartengono a un repertorio morfologico e decorativo piuttosto diversificato, ma omogeneo 126 e allineato alla cronologia indicata dalle monete e dalle ceramiche associate. In contesto è databile quindi tra la metà del V e il VII secolo, con un picco delle attestazioni tra la fine del V e la prima metà del VI secolo. Gli indicatori di produzione La planimetria della fornace identificata a Classe non indica con certezza la sua funzione, sia a causa del suo stato di conservazione, sia per la tipologia della camera di cottura, riconducibile a molte altre attività produttive. L’indicatore di produzione più significativo risulta invece essere il materiale associato a tale struttura, sia presente nel riempimento, sia negli strati che la obliteravano. Si tratta soprattutto di semilavorati e scarti di lavorazione (972 esemplari, pari a 11,969 kg). Tutti questi reperti indicano chiaramente che all’interno di questo edificio (n. 6), si trovava un atelier specializzato nella lavorazione del vetro (Fig. 1). Il materiale, concentrato per lo più a ridosso della piccola fornace, è senza dubbio in giacitura secondaria; infatti i reperti sono stati per lo più reimpiegati e mischiati insieme a frammenti ceramici, pietrisco e ghiaia per rialzare, intorno alla metà del VI sec., il piano di occupazione dell’edificio. Fig. 1 – Planimetria dell’area portuale di Classe. 127 La scelta di destinare in maniera del tutto alternativa una ingente quantità di materiale vetroso potenzialmente riciclabile per il rialzamento di un piano pavimentale, palesa non solo la probabile presenza di un atelier specializzato nella lavorazione del vetro, ma sopratutto ci indica un prezioso termine post quem per collocare la fine della stessa attività. L’evento deposizionale che diede vita al contesto racconta la storia di un accumulo formato da materiale combusto in situazioni e per motivi differenti, che si generò in un periodo circoscritto, intorno alla metà del VI sec. d.C. Un incendio coinvolse alcuni edifici limitanei, rinvenuti nel corso degli scavi 2004-2005, in particolar modo un magazzino che ospitava in quel momento anfore, vasellame e granaglie di provenienza nord-africana (edificio 17). Nel corso dell’incendio i frammenti di vetro, fondendosi per effetto del calore insieme ai materiali che costituivano il battuto pavimentale su cui erano ammassati, generarono veri e propri aggregati e blocchi informi. Si esclude pertanto la possibilità, per il mucchio di rottami di vetro, scarti e residui di lavorazione, che si tratti di una raccolta intenzionale di frammenti di vetro, poiché se si fossero voluti coinvolgere in un ciclo produttivo come materiale di riciclo, sarebbero stati accuratamente selezionati e divisi da tutti gli altri reperti ceramici che invece hanno contaminato il deposito, sancendone di fatto il definitivo scarto; infatti i blocchi, cui si accennava in precedenza, per poter essere riciclati nell’ambito di una catena produttiva dovevano essere verosimilmente frantumati, setacciati e rifusi per eliminare tutti gli inclusi inquinanti, che avrebbero altrimenti determinato il fallimento della stessa fusione. Pertanto è probabile che questa operazione sia stata giudicata svantaggiosa sotto il profilo economico e si è così scelto di destinare gli scarti in questione al rialzamento del piano pavimentale dell’edificio. Il materiale rinvenuto proviene dunque dalla discarica di una fornace adibita alla fabbricazione di recipienti in vetro, che avendo subito l’effetto devastante di un incendio è stata poi completamente smantellata. Il campionario costituito da fritte, blocchi informi e agglomerati, frammenti accartociati e deformati, schiumature, frammenti di vetro grezzo, prove di fluidità, colature (Fig. 2), grumi, morsi e ritagli, racconta la vita di un’attività artigianale ben strutturata e organizzata. Il materiale documenta tutte le fasi di una lavorazione, che partendo dalla fusione di vetro grezzo si concludeva con la soffiatura dell’oggetto, con un ampio ricorso a rottami di vetro da riciclare nell’amalgama (Fig. 3). Infatti, è molto probabile che sia stata questa la destinazione dei numerosi blocchi di vetro e agglomerati identificati all’interno del contesto; stessa sorte è probabile che toccasse a tutte le tessere musive rinvenute (27 esemplari), accumulate per essere poi probabilmente riciclate come agente colorante. 128 Fig. 2 – Colature con aderenti pietrisco, ghiaia e frammenti ceramici. Del resto, sebbene siano stati recuperati alcuni frammenti di fritta e schiumature (8 esemplari in totale), è plausibile immaginare che siano il frutto di una prova sperimentale fallita che aveva come obbiettivo quello di tentare di realizzare un ciclo di produzione autonomo che partisse dalla fusione degli ingredienti primari. Forme e tipi Tra i prodotti più tipici dell’atelier sembra di poter annoverare i bicchieri I. 96 e i calici, di cui sono state recuperate alcune porzioni deformate e accartocciate (8 esemplari per i bicchieri con orlo tagliato e 2 per i calici). In pochi altri contesti coevi e che sono tutti probabilmente da ricondurre a botteghe artigianali sono state rinvenute quantità di materiale confrontabile a quello recuperato a Classe. A Roma, presso la Crypta Balbi, sono stati individuati 1600 g tra vetro semilavorato, resti di lavorazione e scarti (Saguì e Mirti 2003). A Firenze, in occasione degli scavi condotti presso Piazza della Signoria, sono state recuperate moltissime scorie di fusione, colaticci, laterizi incrostati da sgocciolature e da grumi di pasta vetrosa, per un peso totale di 100 kg (De Marinis 1991). 129 Fig. 3 – Indicatori di produzione nell’atelier di Classe. Per quanto riguarda l’analisi del materiale dal punto di vista formale e tipologico è emerso dal contesto indagato un ricco repertorio di oggetti destinati per lo più all’uso domestico. Si tratta di vasellame destinato ai servizi da tavola, con prevalenza delle forme potorie (calici, bicchieri e coppe), come del resto avviene in gran parte dei contesti mediterranei a partire dal IV sec. d. C. (Stiaffini 2005). La forma più attestata è il bicchiere di tipo Isings 111 (94 esemplari), associato ad altre tipologie di bicchieri: I.96, 106b, 106c, 107, 109. 130 La qualità del vetro con cui sono prodotti i recipienti potori è di tipo corrente e caratterizzata da colorazioni naturali, con bollosità ed imperfezioni dovute ad una produzione in serie e poco accurata. Non mancano tuttavia esemplari più elaborati come i bicchieri I. 107 oppure i calici decorati da filamenti bianchi opachi applicati a caldo. Tra le coppe spicca la presenza delle forme I. 116 e I. 117 e quelle con orlo arrotondato alla fiamma, anche in strati posteriori al V secolo, la cui produzione sembra protrarsi anche nel VI e VII secolo (Isings 1957). Tra il materiale riconducibile a brocche e bottiglie sono stati riconosciuti 23 individui, anche in questo caso con una maggiore concentrazione negli ultimi decenni del V secolo, lo stesso trend riscontrato a Roma e in altre città portuali della stessa importanza commerciale (Saguì 1993). Il deposito ha restituito, in quantità non altrettanto rilevante rispetto agli esemplari fin qui descritti, anche vasellame destinato all’illuminazione degli ambienti; 12 individui, tra cui lampade provviste di un’autonoma base d’appoggio e alcune necessariamente vincolate ad un sostegno esterno. Tra i pochi frammenti sono state individuate le forme I. 106d, I. 134, un esemplare con puntale a goccia e una coppa da palmo. Conclusioni La destinazione pressoché univoca del vetro per la realizzazione di bicchieri fa intendere, almeno per il sito di Classe, come il materiale fosse apprezzato principalmente per la fabbricazione di recipienti potori, mentre per coppe e bottiglie si preferivano prodotti alternativi, forse più funzionali, meno fragili e delicati, primo fra tutti la ceramica. È probabile che la scelta del vetro nella produzione dei bicchieri sia stata anche condizionata da un’esigenza particolare, che solo un materiale adeguatamente trasparente poteva soddisfare, quella di controllare la qualità e la quantità della bevanda versata, prima del suo consumo, oltre al fatto che il vetro essendo impermeabile, non ne alterava il sapore né l’aroma. La presenza assolutamente dominante di prodotti d’uso comune, per i quali difficilmente appaiano giustificabili spese d’importazione rispetto al loro scarso valore commerciale, fanno comprendere come il vasellame fosse per la maggior parte di produzione locale o addirittura realizzati da una bottega insediata all’interno dello stesso quartiere portuale di Classe. D’altra parte i numerosi indicatori di produzione rinvenuti ne sono la diretta testimonianza. Spetterà alle analisi archeometriche, in corso di svolgimento (grazie a un progetto sostenuto da M. Vandini, A. Augenti e C. Fiori), chiarire l’organizzazione di questa laboratorio artigianale, se cioè si tratti di una officina 131 secondaria, che tentò in via sperimentale di rendersi autosufficiente nell’organizzare un ciclo di produzione completo: dalla fusione delle materie prime fino alla soffiatura del vasellame (Foy 1998; Foy e Picon 2005; Freestone et al. 2000; Freestone 2003; Uboldi e Verità 2003;). 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What is Archaeometry Paintings on canvas or by fresco, bronze sculptures, wooden icons, Neolithic tools, early Christian church architecture and contemporary works of art are all aspects of our culture with current and historical interest which can be looked at, studied and interpreted in a variety of ways. Archaeometry is the scientific study of materials used to create such works and of the general contexts in which these works were located through the ages. Examples include the use of carbon isotope dating system in the field of archaeology, the petro-geochemical study of the marble of a statue or a ceramic object, the microstratigraphy of a painting, the metallographic analysis for bronze statues, the dietary studies of ancient bones and the certification of origin for the materials used. The term derives from Archaeology but has much wider applications, including disciplines, techniques and methods designed to gain quantitative and qualitative information about archaeological finds and remains, works of art and their contexts, of vital interest to historians and conservation or restoration operators. It also makes an invaluable contribution to the proper conservation and design of restoration work for our historic and artistic heritage.